20 luglio
La prima volta
La prima volta.
Sono seduta ad un tavolo ed accendo visio.
Sento come una specie di onda che dal basso del tappetino applicatomi sulla pancia va verso l´alto e ipotizzo che siano i sensori che si mettono in funzione.
Non mi sbaglio. Dopo poco, infatti, mi rendo conto che, muovendo la mia testa in varie direzioni faccio si che la telecamera, applicata sull´occhiale che porto, metta a fuoco oggetti e che ciò si traduca in una serie di impulsi sulla mia pancia che, almeno inizialmente, mi sembrano non disegnare nulla di distinto.
Incomincio poi a muovere le mie mani davanti alla telecamera e scopro che, oltre a percepirne il movimento dal mio interno, dall´esterno me ne giungono i contorni.
Mi suggeriscono di cercare sul tavolo davanti al quale sono seduta; percepisco qualcosa che poi, toccando, scopro essere un bicchiere.
Inizialmente mi sembra strano che oltre a poter toccare il bicchiere con la mano, oltre ad andare io verso di lui, esso possa arrivare a me. Dopo poco, comunque, questa maggior quantità di sensazioni diventa un fatto più naturale; la mia attenzione è poi attratta da qualche cosa di lontano rispetto al tavolo; non so che cosa sia ma il poter percepire elementi lontani da me senza bisogno di avvicinarmi per toccarli mi provoca una certa emozione. Mi alzo e incomincio a camminare guardando in alto ma anche a terra per rendermi conto della presenza di ostacoli. Almeno all´inizio fatico a dovermi guardare intorno; è difficile mantenere la concentrazione sulle sensazioni interne, i miei passi, e quelle che mi provengono dall´esterno come, ad esempio, eventuali ostacoli. Mi avvicino all´oggetto che percepisco da lontano e, trovandomi davanti una porta-finestra, credo trattarsi di questa. Sbaglio. Il vetro della porta-finestra è chiaramente trasparente e quello che io percepivo sono alberi che si trovano fuori in un´aiuola oltre una macchina parcheggiata.
21 luglio 1975
Mi sembra di usare visio con maggior disinvoltura.
Sono seduta ad un tavolo e mi esercito a percepire i contorni di alcune asticelle che si trovano su di esso. Provo ad allontanarmi dal tavolo e mi rendo conto che le asticelle si rimpiccioliscono essendo più distanti; cerco poi di portare l´indice verso l´estremità dell´asticella senza perdere, ossia far uscire dal campo della telecamera, ne l´uno ne l´altra.
Ora cammino per un corridoio e il guardare a terra davanti ai miei piedi per rintracciare eventuali ostacoli è un´azione molto più spontanea del giorno precedente. Individuo più facilmente anche i montanti delle varie porte che si trovano nel corridoio.
Nel pomeriggio percorriamo, io ed Adriana, lo stesso corridoio fin ad arrivare alle scale che visio mi fa percepire come una serie di righe orizzontali. Saliamo finché le righe, ossia le scale, cessano.
Ripercorriamo infine le scale in discesa per tornare al corridoio ricco di porte.
22 luglio 1975
Ripercorro il corridoio ricco di porte.
Percepisco delle cose rettangolari attaccate alle pareti che, avvicinandomi e toccandole, scopro essere cartelli o quadri; di un quadro, appunto, individuo le dimensioni.
Scopro, inoltre, che più mi allontano dal quadro più esso si rimpicciolisce rispetto alle dimensioni reali che percepisco stando molto vicina all´oggetto; questo è un elemento molto importante perché mi dà il senso della distanza che esiste tra me e l´oggetto.
Sono all´esterno. Percorro una scala facendo attenzione alla sua traduzione in righe orizzontali su visio e a quando esse finiscono. Scopro che la parte destra della scala è più percepibile della sinistra e mi viene detto che ciò succede perché la parte destra, appunto, è maggiormente illuminata rispetto alla sinistra. Mentre salgo percepisco poi una riga verticale che, sempre sulla destra, mi precede; chiedo incuriosita che cosa sia e scopro trattarsi della mia ombra. Già nei giorni precedenti io avevo salutato la mia ombra ma adesso facciamo effettivamente conoscenza: non l´avevo, infatti, ancora percepita così chiaramente. Una volta sulle scale percepisco qualcosa che si trova in alto e mi viene detto che effettivamente c´è un oggetto, non ricordo con precisione che cosa, che pende da una grondaia. Sono nuovamente all´interno. Percepisco qualche cosa che poi scopro essere una grande finestra e, in basso un termosifone. Mi trovo, poi, davanti allo specchio. I rapporti con la mia immagine, però, non sono così chiari come quelli con la mia ombra. Percepisco infatti elementi confusi ma questi, mi viene detto, diverranno più chiari col tempo; per il momento, comunque, percepisco abbastanza chiaramente i contorni della mia mano che si muovono davanti allo specchio anzi, per meglio dire, la differenza tra il contorno della mia mano e la sua immagine riflessa.
Vania
30 agosto – 3 settembre
Enea – Frascati
30 agosto
Indosso visio e, per la prima volta in vita mia, mi trovo davanti ad una lavagna sulla quale posso tracciare segni e ad averne un riscontro.
Mi rendo conto, con una certa soddisfazione, di poter non soltanto sentire la polvere di gesso sulla lavagna, come avrei fatto di solito, ma anche di poter ritrovare il segno con visio avendone un riscontro molto più sicuro di quello tattile in quanto, quest´ultimo, rischia di portarsi via il segno stesso.
Inizialmente traccio un solo segno obliquo o parallelo, e percepirlo con visio mi sembra abbastanza semplice.
Cancello e fare ciò mi piace quasi di più che tracciare segni. Decido di fare segni: quadrati e rettangoli. Questa volta fatico di più ad averne il riscontro con visio. Mi è difficile percepire soprattutto le linee orizzontali, i lati corti del rettangolo, perchè sono più piccoli.
Riesco poi a percepire chiaramente quadrati e rettangoli ma soltanto dopo che ho finito di disegnarli. Se cerco infatti, mentre li sto ancora tracciando, di trovarne un´estremità per chiuderla, faccio ancora fatica. Ad un certo momento scrivo il mio nome, niente di male, certo, senonché, quando cerco il riscontro con visio, non capisco nulla, cosa, questa, che vale anche per i tentativi di disegno di case che faccio in seguito.
Accendo e spengo la luce e i segni diventano percepibili o meno, a seconda che la luce, appunto, sia presente o no. Allontanandomi dalla lavagna trovo che i quadrati diventano più piccoli e ciò mi dà il senso della distanza.
Mi sposto a destra oltre la lavagna. Tocco un interruttore e un termostato e poi li guardo con visio.
Esco dalla stanza. Mi fermo sulla porta e guardo dentro la stanza da dove sono uscita. Chiedo se dentro la stanza c´è luce e mi viene risposto di sì, come, del resto, c´è luce anche nel corridoio dove mi trovo.
In realtà chiedo non perché non percepisca la luce ma anzi perché, per la prima volta, la percepisco come qualcosa di così denso e pieno che mi viene da domandarmi se sia proprio lei. È come quando sollevo una scatola e mi rendo conto che è pesante, piena appunto, e che devo assolutamente guardarvi dentro, non solo per vedere che cosa c´è, ma anche per aprirmi uno spazio nel denso.
Provo curiosità ma soprattutto un´emozione contrastante in quanto da un lato vorrei entrare nella stanza ma dall´altro, e questa è la sensazione più forte, so che, entrando, finirebbe l´impressione di pienezza perché, io stessa, bucherei la luce.
31 agosto
Indosso visio ed incomincio ad esplorare la stanza in cui mi trovo. Ho la porta d´entrata alle spalle e la mia attenzione è catturata da qualche cosa, due righe verticali, che si trova sulla parete che mi sta di fronte ossia quella opposta alla parete dove si trova la porta. Mi avvicino. Sulla parete effettivamente, c´è una finestra ma, toccandola e rendendomi conto delle sue dimensioni, capisco che le due righe verticali, essendo troppo vicine l´una all´altra, non possono essere i montanti. Pina mi informa che fuori ci sono due alberi abbastanza vicini l´uno all´altro ed io penso, quindi, che le due righe verticali e parallele che io percepisco potrebbero essere proprio loro, gli alberi appunto e che, trovandomi io ad una certa distanza da essi, le due righe nelle quali si traducono appaiono molto più ravvicinate l´una all´altra di quanto gli alberi lo siano nella realtà.
Riesco poi ad individuare i montanti della finestra e, spostandomi sulla parete di sinistra rispetto alla porta d´entrata, trovo qualche cosa che scopro, toccandolo, essere un mobile-armadio.
Antonio mi porta una candela accesa poiché avevo manifestato il desiderio di percepirne la luce con visio.
Mi siedo quindi al tavolo e cerco di percepire oltre che il calore che effettivamente mi arriva, la luce della fiamma.
Non è facile, un po´ perché io muovo impercettibilmente la testa e un po´ perché anche la fiamma oscilla.
Alla fine scopriamo che l´unico modo per percepire la luce della fiamma è di farla riflettere su una superficie quale potrebbe essere quella della lavagna.
Nel pomeriggio cerco di individuare le forme presenti sulle pareti del corridoio per poi sceglierne una e da lì, come da un centro, allargarmi verso altre.
Mi fermo, perché, alla sola individuazione della forma e delle dimensioni di un quadro, mi rendo conto di impiegare, ed è soltanto per questo, un tempo troppo lungo e ciò è indice di stanchezza.
1 settembre
Indosso visio ed incomincio ad esplorare la stanza-fata in cui mi trovo.
Scelgo la lavagna come punto di partenza per poi allargarmi a macchia d´olio.
Individuo abbastanza le linee verticali e orizzontali che definiscono i bordi della lavagna appunto, quindi mi sposto a destra e dopo il termostato e l´interruttore della luce, che tocco e poi trovo con visio, mi sposto sulla porta di cui trovo il montante sinistro, prima con visio e poi con le mani.
Percepisco poi, sempre sulla porta, un´altra linea verticale e, toccandola, scopro che si tratta effettivamente di un´asticella rialzata rispetto alla restante superficie della porta stessa.
Mi sposto ancora sulla parete che si trova a destra rispetto a quella della porta e della lavagna. Individuo gli angoli del mobile armadio e alcune venature del legno delle quali mi posso rendere conto soltanto con visio e chiedendo successivamente a chi mi sta vicino, perché a tatto sono difficilmente percepibili.
Sulla parete opposta alla porta ritrovo la finestra con la quale è come se ormai avessi un rapporto confidenziale. La individuo perché mi arriva la luce da fuori e, dopo poco, ritrovo i due alberi e, con un po´ di ricerca arrivano anche i montanti.
Trovo poi una linea verticale più corta che è sempre nei pressi della finestra. Incuriosita, muovo la mano e trovo una caraffa di plastica.
Mi sposto sulla parete opposta a quella dell´armadio. C´è un tavolo del quale mi rendo conto perché lo tocco. Guardo con visio. Ci sono linee orizzontali che, toccando, mi rendo conto essere cartelline.
Percepisco poi con visio un oggetto che credo essere il mouse che si trova sempre sul tavolo. In realtà mi viene fatto notare che ciò che io sto guardando non può essere il mouse in quanto secondo la mia inclinazione del collo sto guardando più lontano rispetto a dove sono le mie mani ed il mouse.
Provo allora ad indicare il punto dove percepisco l´oggetto anche se mi rendo conto di faticare ancora a coordinare la mia mano che indica con il mio sguardo anche perché, forse, devo mettere bene a fuoco il senso della distanza degli oggetti.
Dopo un po´ trovo comunque ciò che effettivamente stavo guardando: un telecomando.
Nel pomeriggio cerco nuovamente di individuare i quadri sulle pareti. Mi è più facile percepire le linee orizzontali e verticali della figura che quelle dei bordi per non dire poi degli spigoli che quasi non percepisco.
2 settembre
Siamo seduti intorno al tavolo nella stanza di Antonio ed io indosso visio.
Seduto di fronte a me c´è Antonio che parla ed io percepisco due righe verticali ed una, più bassa orizzontale: trattasi delle due linee dei suoi lunghi capelli e più in basso della linea degli occhiali.
Mi volto verso sinistra e verso destra dove trovo rispettivamente Riccardo e mia madre ma nonostante l´uno canti e l´altra mi racconti una favola, faccio molta fatica con visio a percepire le loro bocche che si muovono.
Esploro poi la stanza di Antonio. Percepisco abbastanza distintamente alcune linee verticali ed orizzontali che possono essere i bordi di alcuni oggetti.
Nel pomeriggio torno sui quadri anzi, per la precisione, prima sul cartello dell´estintore e poi sui quadri. Percepisco abbastanza distintamente alcune linee verticali ed orizzontali dei bordi ma faccio fatica a trovare il bordo di congiunzione: lo spigolo.
Su suggerimento di Antonio sposto lo spigolo verso il centro del tappetino e finalmente lo percepisco meglio.
La sua percezione, dello spigolo appunto, non è ancora sicurissima: ogni tanto lo perdo.
Cammino per il corridoio guardando a terra.
Arrivo alle scale in salita che percepisco su visio.
Esco. Faccio la scala esterna in discesa e, a differenza della volta precedente, percepisco nettamente qualche cosa che mi viene detto essere la mia ombra. La stessa cosa avviene dopo aver risalito la scala prima di rientrare.
3 settembre 1975
Siamo nuovamente seduti nella stanza di Antonio ed indosso visio. Mentre parliamo io individuo nuovamente le due linee verticali e quella, più bassa, orizzontale degli occhiali che mi indicano il viso di Antonio, appunto. Nel pomeriggio ripercorro la stanza Fata che ormai conosco; si aggiunge soltanto, dopo il suggerimento di Loredana, una seconda finestra che si trova sulla parete dove c´è anche la prima. La individuo effettivamente anche con visio e mi rendo conto che guardando la parete con la porta della stanza alle spalle, essa si trova a destra. Esco nel corridoio e mi soffermo qualche momento sui quadri dove, come avviene spesso, individuo più facilmente alcune linee verticali ed orizzontali all´interno della figura che non i contorni. Cammino lungo il corridoio e so di dirigermi verso le scale. Nel frattempo guardo a terra e, in seguito, mia madre mi informa che, rispetto a quando non indosso visio, cammino dritta. Nella normalità, infatti, tendo un poco a deviare rispetto ad una linea ideale. Tornando alle scale, nella mia rappresentazione del corridoio esse sono più lontane che nella realtà. Cammino e mentre sto pensando di dover camminare ancora parecchio, su visio ho la percezione chiara delle righe orizzontali che non dubito, perché le ho già viste ed alla percezione si associa subito il ricordo, che quelle sono le scale. Rallento perché non ho ancora idea della distanza alla quale si trovano rispetto a me. È per questo, e non per una mancanza di percezione, che mi scontro con esse prima di salirle. In discesa non percepisco le scale su visio mentre trovo con facilità la ringhiera. Realizzo così che il giorno prima avevo percepito le scale a scendere perché eravamo all´esterno in piena luce solare. Sono comunque molto contenta e, ripensandoci mentre scrivo, anche un po´ emozionata, perché per la prima volta ho una associazione chiara, tra la percezione che mi avviene da visio e la sedimentazione della stessa esperienza con visio fatta precedentemente.
Vania
9 novembre
Esco con visio
Per la prima volta esco con Visio.
Vado a fare spese. Siamo in piazza a Frascati, Emanuela, Riccardo, Consuelo, la mia mamma ed io.
Di fronte a me riesco ad individuare, senza molto sforzo, le macchine che passano. Alla sensazione uditiva, infatti, si associa subito quella degli oggetti che nella parte bassa del tappetino si muovono da destra a sinistra e viceversa: sono le macchine, appunto, che stanno passando.
Tutto mi incuriosisce. Forse mai, come questa volta, non sono io che porto Visio ma è Visio che porta me, nel senso che non è la parte venticinquenne di me che cerca di dirigere Visio e di ragionare su ciò che vede ma è la parte neonata che viene attratta da quello che su Visio appare e si diverte ad indicare e a chiedere di che cosa si tratta.
Alzo lo sguardo dalle macchine. Di fronte a me ci sono due righe verticali ad una certa distanza l´una dall´altra. Mi dicono che si tratta degli angoli di due palazzi. In mezzo alle righe, guardando in basso, c´è uno spazio vuoto che scopro essere una strada evidentemente poco soleggiata perché altrimenti Visio ne rileverebbe la luce.
Guardando più in alto, sempre tra i due palazzi, scopro una riga sottilissima verticale e Riccardo mi dice che si tratta di un festone che è attaccato da un palazzo all´altro con una parte penzolante.
Riguardo le due righe degli angoli dei palazzi e mi rendo conto che, essendo molto più spesse della riga dell´addobbo, devono essere non due righe ma due gruppi di righe.
Ci spostiamo davanti alla vetrina della pasticceria. Finalmente anch´io posso curiosare al di là del vetro senza aspettare impazientemente di entrare, come succede spesso, per avere qualche riscontro più consistente.
Torniamo alla vetrina.
Subito percepisco qualche cosa di verticale, alto. Entusiasta chiedo di che cosa si tratta pensando già di trovarmi di fronte ad una pasta di dimensioni stratosferiche. Mi sbaglio. Trattasi di una bambola, quindi non mangiabile. Non perdo le speranze e guardo più in basso.
Trovo il bordo dello scaffale e più sotto mi dicono esserci molte paste ma quello che per il momento riesco ad individuare è la linea orizzontale degli strudel che sono disposti in fila e che comunque, non mi piacciono. Oggi non si mangia.
Sono sempre più divertita, è come un gioco.
Decidiamo di andare in profumeria.
In vetrina trovo subito qualche cosa di verticale un po´ cicciotto. Mi dicono che è un pupazzo e per la prima volta, associo subito la sensazione del (cicciotto) su Visio al richiamo nel ricordo, di una sensazione tattile di morbidezza e di calore come danno i pupazzi di peluche. In seguito scopro trattarsi del Re Leone.
Non mi è molto simpatico, per cui non lo compro.
Accanto a lui, però c´è una righina piccola verticale che quasi mi fa solletico. Chiedo e Riccardo mi informa che è un pupazzetto verde piccolino.
Mi piace e decido di comprarlo.
Entro e chiedo: scusi, posso avere quel pupazzetto verde che è in vetrina?
Mentre parlo realizzo compiaciuta che è la prima volta che entro in un negozio e indico, decisa, qualche cosa che ho visto in vetrina.
All´interno della profumeria poi individuo, oltre il banco, i montanti degli scaffali e, all´intorno, il contenuto che scopro, toccando, essere fatto di bottiglie di deodorante.
Come in tutte le profumerie c´è uno specchio. Trovo la mia immagine che rispetto alla prima volta in cui mi sono specchiata, pur restando sempre un po´ confusa, è più netta in quanto riesco ad individuare bene i bordi dello specchio e all´interno, i limiti della mia figura.
Trovo poi qualche cosa di verticale accanto allo specchio che segue, più in basso, con qualche cosa di tondeggiante (è la prima volta che percepisco così chiaramente il tondeggiante su Visio). Mi avvicino e scopro trattarsi di un orologio molto grande appeso al muro. La linea verticale è il cinturino e il tondo è l´orologio vero e proprio. Avvicinatami percepisco qualche cosa di orizzontale sul quadrante e sempre sul quadrante ma più sotto qualche cosa di obliquo e Consuelo mi dice che si tratta di una scritta e della lancetta che segna il quarto d´ora.
Torniamo con gli acquisti, io con il pupazzetto verde nella cui scatola c´è anche un profumo e Emanuela con Yoghi che contiene del bagnoschiuma. Sono felice.
Vania
10 novembre
Andiamo all´abbazia di S. Nilo
Andiamo all´abbazia di S. Nilo.
Accanto all´abbazia c´è un castello con una torre e sono subito le linee verticali di questa che si staglia in alto, che percepisco con Visio frontalmente.
Ad un certo punto, per caso, mi sposto verso sinistra rispetto alla torre e, con stupore mi rendo conto che se la linea di sinistra, più vicina a me, appare più o meno della stessa lunghezza rispetto a prima, quella di destra, più lontana da me appare più corta e la linea orizzontale in alto, il limite della torre, è in obliquo, è una specie di trapezio nonostante che la torre, ovviamente resti un parallelepipedo; non essendo frontale rispetto alla torre ho una visione di essa in prospettiva.
Per me è tutto assolutamente nuovo e sul momento, nonostante mi assicurino che, anche se non razionalmente, una parte di me ha capito che cosa significhi la parola prospettiva in quanto ho tracciato, più o meno, il disegno della torre vista da sinistra, c´è una parte di me che vuole capire di più e che non riuscendovi, si innervosisce.
Dopo, chiacchierando con Antonio, capisco che non è giusto che quella di venticinque anni che è in me si arrabbi con quella di un anno perché non capisce fino in fondo che cosa sia la prospettiva. Per crescere, la parte di me che ha un anno deve giocare e quella di venticinque deve riimparare da lei i giochi anche perché, quando lo fa (vedi il giorno precedente) senza inorgoglirsi è tutto molto più semplice e entusiasmante.
vania
10 novembre
Sulla lavagna
Sulla lavagna.
Sulla lavagna, oltre a tracciare segni, che percepisco molto chiaramente come pure i montanti della lavagna stessa, e a cancellarli, riuscendo, a differenza delle altre volte, ad individuare con visio la mia mano e a portarla senza fatica sul segno tracciato precedentemente, mi esercito a percepire la prospettiva.
Traccio quindi dei quadrati di cui, tra l´altro, percepisco senza molto sforzo gli angoli rispetto alle volte precedenti in cui avevo difficoltà a fare lo stesso sui quadri; allontanandomi dalla lavagna sempre di più, li percepisco sempre più piccoli fino a che i due lati verticali mi sembrano quasi sovrapporsi.
Capisco che questo è l´effetto del mio allontanamento della lavagna.
Vania
11 novembre
Torniamo a Frascati
Torniamo a Frascati.
Nuovamente in profumeria, guardo le mollette che Emanuela si è comprata che mi appaiono come tante linee verticali posizionate in vari punti di un rettangolo (il cartoncino su cui sono poste).
Nuovamente davanti alla vetrina della pasticceria.
Questa volta, oltre alla linea degli strudel, individuo due altre linee orizzontali su piani diversi. Sono i pan-brioches posti su due piani diversi. Quelli sotto, che appaiono come una linea orizzontale a tratti staccata, sono meno e sono appunto staccati gli uni dagli altri. Riesco a contarli. Quelli sopra invece appaiono come una linea continua da cui deduco che devono essere di più e attaccati ma, poiché oltre che golosa, sono anche esigente, non mi accontento neppure dei pan-brioches.
Anche questa volta non si mangia.
Dopo la profumeria, è la volta del negozio di Compact. Trovo le righe verticali dei compact che sono distribuiti su quattro livelli.
Dopo poco noto che le righe non sono proprio verticali ma oblique e penso di trovarmi di fronte alla prospettiva.
In realtà, chiedendo a Consuelo e toccando i compact, scopro che questa volta, essendo io frontale ai dischi, sono proprio loro ad essere obliqui.
Compro un compact di Battiato con la dotazione.
Vania
12 novembre
Il bar dell´Enea
Usciamo da Fata per andare, con visio, a prendere un caffè al bar dell´Enea.
Percorro il corridoio trovando quadri e i montanti delle porte.
Riccardo arriva con un vassoio di paste e io penso divertita che è la rivincita per le pésche poco fruttuose, perché le paste che avevo inquadrato nella vetrina della pasticceria non mi piacevano. Appena ho davanti il vassoio, questa volta senza sforzo, trovo subito una cosa tonda piccola; è un tartufo di cioccolato ma decido di guardare ancora un po´; è una buona pensata perché dopo poco trovo qualche cosa di verticale che questa volta non è una bambola, ma è un fungo ripieno di zabaione; ottima rivincita!
Fuori attraversiamo, Emanuela e io, agevolmente la strada.
Di fronte a me percepisco una linea orizzontale a tratti da cui si diparte una perpendicolare. Toccando scopro che sono le cortine.
Vicino al bar c´è la micia che vive all´interno dell´Enea. Sta immobile e io riesco ad inquadrarla. Percepisco qualche cosa di verticale, chiedo se ha la coda dritta, mi dicono di no quindi penso che forse si potrebbe trattare di qualche cosa che sta vicino alla gattina. Percepisco poi chiaramente delle cose tonde come tanti piccoli puntini molto intensi che mi dicono essere le macchie colorate del pelo. Mi avvicino per toccarla ma è timida e scappa.
Percepisco poi tre righe orizzontali. Sono le due righe del davanzale e la riga d´attaccatura del vetro del finestrone del bar.
Entriamo.
Ci sono vari oggetti sul banco ma fatico a percepirli. Molto chiaramente percepisco comunque dei tondini che sono sul retro di quella che scopro essere la macchina del caffè.
Fatico ad individuare la tazzina perché non so come essa appaia.
Dopo un po´ capisco che appare come un buco più piccolo circolare all´interno di un cerchio più grande che è il piattino.
13 novembre
In generale
In generale.
È molto più raro che senta confusione (rumore) su visio, gli oggetti mi sembrano molto più delimitati e netti.
È veramente visio che mi porta e, quando riesco ad abbandonarmi senza ragionare, faccio pochissimo sforzo e prevale la curiosità.
Anche quando mi fisso sugli oggetti sono più rilassata e non irrigidisco i muscoli del collo per “guardare” meglio ma, più spesso di prima, lascio che loro mi arrivino.
Il fatto che gli oggetti mi arrivino sta diventando molto importante.
Luciano ha raccontato che ha percepito la luna con visio e questo mi ha affascinato; in questi giorni, anche adesso mentre scrivo, penso spesso che mi piacerebbe molto poter percepire una palla di luce, come potrebbe forse essere la luna, che si staglia in alto sul buio, sul niente. Disegnata sul tappetino, dovuto all´assenza di luce, la palla della luna percepita dagli aghetti potrebbe forse essere come una grande candela.
Vania
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