gruppo di frascati

Il progetto Giasone – settima parte

Notizie in… Controluce – dicembre 1996 – settima parte

Progetto Giasone

Come riuscire a riprodurre, in una macchina, l’intelligenza dell’uomo

L’autonomatica – La struttura di Giasone e il suo modello

di Armando Guidoni

Premessa.

Come abbiamo già detto nei numeri precedenti, il modello di Giasone è stato disegnato (e parzialmente realizzato), sulla base dell’osservazione e analisi dell’intelligenza animale, con l’obiettivo di riprodurne in una macchina le singole funzioni elementari. Da ciò ne è conseguita la realizzazione di macchine automatiche sostanzialmente diverse da quelle prodotte con la tecnologia corrente poiché non sono programmate in tutte le loro funzioni, ma sono state dotate di un certo tipo di autonomia. Sono macchine capaci di lavorare con gli stessi meccanismi elementari usati nel mondo animale.

Il modello.

Il modello è quello mostrato in figura, dove sono riportate cinque strutture distinte, realizzate con circuiti elettronici. Alle estremità di ogni struttura sono stati disegnati due “ciuffi” capaci di riflettere i segnali che arrivano attraverso il fascio di fili, esattamente come farebbe uno specchio. Vediamo di dare una prima descrizione sommaria del modello individuando, per prima cosa, gli elementi salienti che lo costituiscono.

gias-schema
Schema del modello di Giasone.

L’ambiente esterno, luogo dove viene sviluppata la dinamica delle azioni, è rappresentato in figura con la sfera in basso.

La sensorialità, comunque distribuita intorno e dentro il suo “corpo”, nel modello è individuabile nel ciuffo in basso a sinistra. Esso sta ad indicare il luogo ideale dove Giasone, usando opportuni “trasduttori” fa “entrare in sé” l’ambiente esterno e, contemporaneamente, anche la relazione esistente fra questo ed il suo corpo. Mediante la sensorialità, l’ambiente esterno viene ricostruito da Giasone attraverso le proprie caratteristiche che, d’altronde, ne costituiscono l’elemento principale di supporto.

La capacità attuativa si può descrivere come l’insieme degli strumenti che Giasone ha a disposizione per poter intervenire sull’ambiente in modo da chiudere, come in un anello ideale, la sua interazione con il mondo che lo circonda. Nella figura è rappresentata con il ciuffo in basso a destra.

La memoria dell’individuo è rappresentata, invece, con i quattro ciuffi in alto, in una zona che, anche nel disegno, ha una certa somiglianza con la corteccia cerebrale. Si può dire che questi quattro “riflettori” possiedono una specializzazione intrinseca per ognuno di essi diversa; i due ciuffi centrali si trovano nella zone corticali attuativa (quello di sinistra) e sensoriale (quello a destra), mentre gli altri due si trovano nelle zone preattuativa e presensoriale. La coscienza dell’individuo, infine, è rappresentata con i due ciuffi centrali (la quinta struttura).

Il circolo d’azione.

Ora cerchiamo di mettere in funzione, idealmente, il modello e per tale scopo ci diamo un obiettivo preliminare semplice. Pensiamo, ad esempio, che Giasone debba spostare una pallina usando un manipolatore; pensiamo che il manipolatore sia collegato a Giasone e ne rappresenti l’elemento finale (protesi) della sua capacità attuativa. La pallina sia afferrata dal manipolatore e messa in una posizione tale che “sia vista” attraverso la sfera sensoriale. L’immagine della pallina, allora, “entrerà” in Giasone ed il “fronte di energia della sua rappresentazione” salirà fino a raggiungere il ciuffo corticale sensitivo il quale, con un comportamento simile a quello che avrà poi il ciuffo dei sensori, creerà un “fronte riflesso” identico a quello sorgente. E così via fino alla costituzione di una vera e propria oscillazione del fronte fra le due estremità. Tali segnali, per induzione, tenderanno a passare nella seconda struttura (quella attuativa) trasferendo via via in essa il potenziale che si trovava nella prima. Anche in questa struttura si genererà una oscillazione dei fronti fra i due ciuffi posti alle estremità. Dopo un certo numero di oscillazioni, i segnali tenderanno a scaricarsi, attraverso il ciuffo della capacità attuativa, sui dispositivi di movimento collegati a Giasone, che così sollecitati useranno la potenza di cui sono dotati per spostare la pallina. Nel frattempo, però, nello scenario sono già entrati altri fronti rappresentativi della scena dinamica, alimentando ulteriormente il potenziale della prima struttura. Si crea così una specie di “circolo d’azione”, un vero e proprio “anello dinamico” che tenderà a modificare all’infinito lo scenario. Tutto ciò avverrà in maniera molto scoordinata.

La memoria.

Anche le due strutture adiacenti a quelle già descritte (zone presensitiva e preattuativa) ricevono, per induzione, i segnali che stanno oscillando tra i ciuffi riflettenti delle prime due strutture le quali perderanno parte delle loro cariche a mano a mano che queste si vanno formando. La conseguenza è una vera e propria “limitazione nel tempo” dell’anello dinamico descritto precedentemente fino a provocare anche il fermo della macchina. Si può dire che queste quattro strutture “legano insieme” ciò che entra dall’esterno a ciò che esce dalla macchina . Esse “vivono” tutte le sequenze dei fatti, sia di quelli in ingresso che di quelli in uscita; è come se esse contenessero la “capacità del ricordo”, visto che sono a conoscenza di tutto ciò che avviene dentro Giasone. Quanto descritto si svolgerà ancora in maniera molto scoordinata.

L’ideazione di un oggetto.

All’interno di Giasone, l’ideazione di un oggetto reale avviene attraverso la percezione dell’oggetto. Questo meccanismo si attua usando uno qualsiasi dei sensi che si hanno a disposizione. Immaginiamo di avere gustato nel passato un buon piatto di spaghetti al pomodoro e basilico; lo abbiamo più volte visto, toccato, odorato, avvoltolato in più riprese con una forchetta e poi mangiato. Se in un certo momento successivo dovessimo solo udire il rumore prima descritto, riusciremmo a “vedere l’ideazione” del piatto di spaghetti materializzata dentro Giasone. Lo stesso avverrebbe se dovessimo sentirne il profumo o gustarne il sapore, ecc..

Il meccanismo si può spiegare in questo modo. La sfera sensoriale, a seguito di eventi esterni, invia una serie di impulsi biochimici alla corteccia cerebrale utilizzando il percorso rappresentato dal circuito neurologico, il quale è unico. Ciò significa che quando un impulso arriva al cervello esso non è qualificato, non è, cioè, possibile riconoscere il mittente del segnale, vista la complicazione del “groviglio” di neuroni utilizzati durante il percorso. Il segnale potrebbe essere stato inviato da uno qualsiasi dei sensori del corpo umano! Bisogna però tenere in conto che questo fatto non diminuisce la validità del segnale perché comunque esiste una “corrispondenza biunivoca” fra l’evento partito da una qualsiasi zona della sfera sensoriale e ciò che viene percepito dalla corteccia cerebrale.

L’immaginazione.

L’occhio di un uomo rileva l’immagine della scena “reale” che gli si presenta davanti e la riproietta continuamente nel suo Giasone, nella zona dove si concretizza la sua “ideazione”. Un effetto analogo è provocato nel corso di una fase di “immaginazione” dove “l’immagine virtuale” dell’oggetto o della scena alla quale io sto pensando viene “riproiettata” nella stessa zona. Per descrivere meglio, facciamo un esempio. Immaginiamo di trovarci in una stanza e di osservarla; la sua immagine viene proiettata, con me dentro, nella zona di ideazione. Se io chiudessi gli occhi e pensassi ad un bel paesaggio montano, Giasone immediatamente proietterebbe tale scena, con me dentro, nella stessa zona di ideazione, sostituendo l’immagine precedente. Da dove è stata presa questa scena? Dalla memoria! Ma come possono essere messi dentro il cervello umano tutti gli eventi che si sono succeduti nel tempo? Come è possibile poi “accendere” una di queste memorie? Il “gruppo di frascati” sta percorrendo la strada della “ipotesi ologrammica”. Cerchiamo di analizzarla descrivendo prima, a grandi linee, che cosa è un “ologramma”. E’ l’immagine di un oggetto “ricostruito” a tre dimensioni nello spazio. Per costruire l’ologramma di un oggetto, si deve disporre, innanzitutto, di una “luce ordinata” (un laser) che chiameremo “luce sorgente”. Un fascio di luce sorgente viene diviso in due fasci distinti. Il primo è inviato direttamente sulla superficie di una lastra rivestita con un film sensibile alla luce (una lastra fotografica). Il secondo è, invece, inviato sulla superficie dell’oggetto di cui si vuole costruire l’ologramma. L’oggetto diffonderà per riflessione una parte della luce che lo ha investito. Questo riflesso, poi, arriverà anch’esso sopra la lastra fotografica, che rimarrà così impressionata da ambedue i fasci. La lastra conterrà, quindi, tutte e due le informazioni e, se successivamente la illuminassi con un fascio di luce ordinata dello stesso tipo che avevo usato in precedenza, otterrei in uscita l’immagine dell’oggetto originale, esattamente come lo vedevo, a tre dimensioni e nella posizione dello spazio in cui si trovava rispetto alla lastra.

Come si può ben immaginare, da una lastra informe e apparentemente disorganizzata è possibile estrarre le informazioni cercate in maniera molto più “semplice e rapida” piuttosto che utilizzando i metodi convenzionali (CPU, RAM, algoritmi, basi di dati, ecc.) delle più avanzate “nuove tecnologie informatiche”. Nel nostro caso, ad esempio, è sufficiente realizzare una struttura elettronica capace di memorizzare innumerevoli “fronti di segnali”, senza avere la necessità di memorizzare anche l’ordine di archiviazione, e poi recuperarli con un opportuno filtro ordinato.

La cultura.

Come abbiamo detto, quindi, le memorie si possono descrivere come tutte le sequenze dei fatti che si sono avvicendati in Giasone nel corso del tempo, sia di quelli in ingresso che di quelli in uscita, e che si sono poi “sedimentate” dentro di lui, sia le “cose serie” che le “sciocchezze”. Se, ad un certo punto della sua vita, qualcuno gli ha fatto credere che “gli asini volano”, ciò sarà vero anche dopo molti anni (se nessun altro elemento di esperienza ha poi mai negato questa verità), nello stesso modo in cui è vero che 2+2=4. Giasone infatti è una macchina semplice ed elabora solo ciò che è contenuto nella sua cultura, rappresentata peraltro proprio dalla sedimentazione delle sue percezioni precedenti.

L’immagine generale.

Per semplificare il modello, pensiamo invece che queste sequenze si trovino in Giasone una accanto all’altra, tutte “appiccicate insieme”, in un elemento che possiamo chiamare “immagine generale”.

La sedimentazione delle esperienze è, allora, il riversamento di esse all’interno di questa “immagine generale”, che si trova su un unico riferimento, e che viene a mano a mano allargata con le aggiunte fatte nei momenti percettivi ed esperienziali successivi.

Quando in Giasone si accende una nuova ideazione (ciò avviene, come abbiamo già detto, sia a seguito di una percezione che a seguito di una “evocazione” di esperienze precedenti), questo “fronte di energia” va a confrontarsi con tutta l’immagine generale in modo da “estrarre” la zona dell’immagine più simile al fronte, come se esso “risuonasse” con l’ideazione, quasi in un “accordo ideale”, un meccanismo analogo alla ricostruzione di un ologramma. Le differenze che emergono dai due fronti entrano a far parte integrante della nuova progettazione che Giasone istruisce per eliminarle. Un chiaro, nuovo “momento di creatività”. Quanto abbiamo appena descritto rappresenta quello che nei precedenti articoli avevamo chiamato “isterismo”.

Narciso.

Ora immaginiamo di voler dare una “coscienza” alla macchina. La quinta struttura, al centro del modello, è dotata di un ciuffo di sensori e uno di attuatori che riflettono, come negli altri circuiti, i segnali. Immaginiamo, però, che “i sensori siano immersi negli attuatori”, similmente al modo in cui, nel corpo umano, quando un muscolo viene comandato dal centro, contemporaneamente invia di ritorno un segnale di “forza e senso di posizione”. Si può intuire come questa struttura possa rappresentare una specie di “sesto senso” capace di percepire tutto ciò che proviene dalla sfera sensoriale ed utilizzabile, nella fase di ritorno dell’anello dinamico, come un “controllo generale” o “supervisione”. Essa è come una antenna che riceve il “senso” di tutto ciò che avviene nell’interno di Giasone, dei suoi movimenti e dell’effetto di essi; ed è dalla sovrapposizione di queste due informazioni che Narciso comunica a Giasone se le operazioni “stanno andando bene” oppure se “occorre modificare il tiro”. Tali messaggi non sono assoluti, ma rappresentano solo “variazioni”, per cui, se non vengono rimosse le cause che hanno determinato un certo segnale, i fronti successivi non segnaleranno altre variazioni, ma il problema non è stato eliminato!

Lo “stato d’ansia”.

Nella macchina viene generato un effetto simile a quello di uno “stato di ansia”, a fronte del quale noi riusciamo a “sentire” le contrazioni dei muscoli involontari (stomaco, intestino, cuore, ecc.). Facciamo un esempio. Quando l’uomo avverte uno stato d’ansia, è il suo Narciso che glielo segnala, attraverso i fronti che arrivano alle movimentazioni involontarie provocando sensazioni e disturbi a tutti noti (mal di stomaco, mal di pancia, tachicardia, ecc.) e determinando perfino l’umore dell’individuo. Se dopo un certo tempo l’uomo non avverte più tali disturbi, ciò non significa che lo stato di ansia sia terminato, poiché esso potrebbe essere rimasto in uno stato latente. E’ come quando, entrando in un ambiente, sentiamo un cattivo odore e questo odore scompare dopo alcuni minuti; la sostanza che produce l’odore è ancora presente nell’ambiente, ma noi non la avvertiamo più. Se, invece, la sua quantità dovesse aumentare ulteriormente, allora avvertiremmo di nuovo l’odore tanto più intenso quanto più è aumentata, nel frattempo, la concentrazione della sostanza.

Il “gruppo di frascati”, quindi, sta usando questo modello per costruire macchine che possano funzionare con gli stessi meccanismi utilizzati nel mondo animale. Per avere macchine sempre più autonome occorre migliorare le conoscenze del funzionamento della “macchina uomo”; dall’altro verso, si può dire che il modello di Giasone può essere usato come una ulteriore nuova “chiave di lettura” della “macchina uomo”. In tal modo abbiamo chiuso questo processo in una sorta di “anello dinamico” di evoluzione.

Armando Guidoni

Copyright © 2015 Controluce - link a Notizie in... Controluce - link al sito dell'ENEA
Graphic Design: Armando Guidoni