gruppo di frascati

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Grazie Antonio

Antonio è morto!

Sì, Antonio non è “scomparso” e preferisco descrivere con la parola giusta, in italiano, l’evento che ha colpito il mio amico-fratello Antonio: la morte!

Partecipo, commosso, con il mio dolore al dolore della famiglia e di tutti coloro che, come me, gli hanno voluto bene e lo hanno ammirato e rispettato nel corso degli ottanta anni della sua vita.

Per tutti coloro che lo conoscevano solo “professionalmente”, l’obiettivo della sua vita è stato la realizzazione dell’intelligenza sintetica ma, in effetti, Antonio era costantemente rivolto alla ricerca dell’uomo dentro l’uomo. Egli ha messo incessantemente in discussione se stesso e le proprie emozioni per trarre elementi necessari a proiettare in avanti il suo progetto di vita con audacia e con tenacia, con spregiudicatezza, con originalità non confrontabile, a mio avviso, con nessun altro uomo.

Antonio era in grado di arrivare alla parte principale di qualsiasi problema. Un sistema complesso, per quanto complicato fosse, era sempre “svestito” dalle astrusità matematiche e dal superfluo formalismo. Con l’aiuto di questo tipo di approccio era in grado di risolvere il problema di fisica / chimica / biologia molecolare più complesso. Chiaramente, Antonio non giungeva mai ad ottenere una soluzione corredata dalla matematica – non era questo il suo scopo – ma, dopo aver discusso con lui di quell’argomento e dopo averlo fatto proprio, chiunque avrebbe potuto sviluppare una via per una descrizione tecnologica e anche matematica della soluzione.

Antonio era un ‘carro armato’ che travolgeva qualsiasi ostacolo. Non accettava mai il “gioco” delle istituzioni e dell’autorità, bensì contrapponeva con forza la sua autorevolezza. Antonio non s’allineava mai alla conoscenza corrente, ma la usava per fare emergere, da dentro, le proprie elaborazioni e poi per costruire a sostegno di esse, materialmente, oggetti concreti innovativi, rivoluzionari, dirompenti e proprio per questo difficilmente comprensibili dagli altri, perché ancora non concepiti.

Gli interlocutori e i collaboratori dei progetti di Antonio erano ‘i semplici’, coloro che spontaneamente riuscivano sempre a mettere in discussione dentro di sé le proprie ‘certezze’. I ‘sapienti paludati’, invece, non riuscivano (quasi mai) a collaborare con lui poiché con arroganza aggredivano e venivano aggrediti e (quasi sempre) lasciavano il progetto.

L’aggressività di Antonio non era certamente complesso di inferiorità, non era certamente sintomo di debolezza, bensì era un modo per far rispettare la dignità delle proprie idee, quelle nelle quali egli credeva fermamente, usando gli strumenti usuali della logomachia (la disputa con le parole), entrando in una specie di ‘campo di battaglia’ e servendosi anche di ‘metodi di perforazione’ dirompenti.

Ma ciò avveniva solo in questo contesto. Nella normalità quotidiana Antonio esprimeva fortemente sentimenti di umanità e dimostrava continuamente la solidarietà e il rispetto verso TUTTI gli uomini nella spontaneità e nella semplicità del suo essere uomo.

Quasi trenta anni fa, la mia curiosità mi condusse a entrare operativamente nel ‘gruppo di Frascati’ – illuminato da Antonio Botticelli, vera e propria ‘sorgente’ filosofica e scientifica – e attivò in me uno slancio per la rivisitazione e rilettura del mio bagaglio culturale precedente. Da allora non è stato più possibile per me mantenere separate le numerose discipline scientifiche che rappresentavano il mio ‘patrimonio’ culturale. La biologia, fisica, chimica, cibernetica, informatica, gli stretti rapporti fra neuroscienze e meccanica quantistica, gli aspetti della fisiologia legati alla memoria, alla coscienza, all’apprendimento e all’intenzionalità della mente si sono improvvisamente rivelati strettamente interconnessi nell’ambito della ricerca che il gruppo conduceva. Definendo, in questo modo, la visione della scienza concepita come ‘filosofia naturale’, rientravo pienamente nella tradizione umanistica europea in cui tutti i frammenti della conoscenza sono integrati in un’unica concezione dell’universo.

Grazie Antonio per avermi concesso amicizia e stima e per avermi trasmesso la tua forza intellettuale.

Grazie Antonio per avermi indotto a usare una nuova cultura interpretativa del mondo e dell’uomo, per avermi fatto capire che è necessario ‘rifarsi ignorante’ e ritornare alla semplicità delle cose, di fare entrare in me le cose come naturalmente entrano attraverso gli occhi di un bambino…

Armando Guidoni


manifesto-gdf(di Armando Guidoni) – Nel secolo scorso, a causa dello sviluppo della tecnologia e del conseguente orientamento tecnologico della ricerca scientifica contemporanea, si è sempre più concretizzata una nuova rappresentazione realistica del nostro immediato futuro. Oggi, si presenta prepotentemente sulla scena il sogno bionico di diventare tutt’uno con la macchina. Oggi, si consolida la consapevolezza che il nostro corpo potrà essere riprodotto sinteticamente in un prossimo futuro. Anche se alcune linee di pensiero odierne seguitano ad affermare che le macchine, costruite con parti non biologiche, sono incapaci di pensiero creativo, si può affermare che la loro evoluzione le destinerà ad attività generali di tipo cognitivo, simili a quelle che molti associano solamente alla creatività del pensiero umano (perché per loro questa “idea” è assolutamente inconcepita). È bene sottolineare le parole “di tipo cognitivo” perché non si confonda l’idea di replicare il pensiero umano con quella di copiare alcune funzionalità cognitive dei sistemi biologici. Da tutto ciò, vediamo svilupparsi una fase di “controtendenza” dalla quale emerge sufficiente materiale immaginario per poter ricostruire una rispiritualizzazione dell’uomo: «Scoprire che la mia mente è una macchina / mi permetterà di volare liberamente del mio spirito» (antonio, 1997).

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