gruppo di frascati

Rilevamento del ‘differenziale’ in ‘olocontrollo emulativo’

Gli studi sulla percezione: ‘visio’

Nel corso delle ricerche degli anni ’90 dello scorso secolo, il ‘gruppo di Frascati’ ha realizzato il Sistema ‘visio’ di ‘virtualizzazione’ nel terzo spazio di semplici scenari rilevati con una normale telecamera.

La telecamera, in similitudine al processo visivo biologico, svolge alcune funzioni assimilabili a quelle della retina dell’occhio. Le unità fotorecettoriali della retina umana, ossia i bastoncelli e i coni, inviano i segnali di uscita al nervo ottico e al cervello, mentre i fototransistors MOSFET della matrice CCD della telecamera inviano i segnali alla scheda Visio in figura.


Scheda Visio

Si tratta di una scheda elettronica nei cui circuiti sono riprodotte anche alcune funzioni particolari del ‘sottoretina’ umano che è costituito da strati di neuroni connessi ai fotorecettori. La scheda ha la funzione di ‘trasformare’ qualitativamente ciò che arriva da un fronte di luce e di riorganizzarlo sulla base di specializzazioni. A esempio, l’uomo è molto sensibile alle informazioni contenute ai margini del campo visivo (segnali laterali) ed è come se il sottoretina attribuisse una risposta maggiore alle variazioni di segnale che provengono da quelle porzioni di retina: un moscerino che si avvicina all’occhio lateralmente viene bloccato dalla chiusura della palpebra, mentre se si avvicinasse perpendicolarmente a esso non avremmo il tempo di chiudere la palpebra.

Ancora una volta notiamo che il principio su cui si basa la scheda Visio è strettamente legato alla modalità generale di percezione dei sistemi biologici: le differenze! Infatti, la scheda elettronica non invia al terzo spazio l’immagine rilevata nel suo complesso, ma opera un particolare processo di ‘semplificazione dell’immagine’ inviando solamente le ‘differenze’ estratte da due immagini giunte sequenzialmente in due istanti successivi. Quando l’ambiente osservato è statico, la scheda non rileverà differenze nei due stati osservati; quando, invece, nell’ambiente ci sono oggetti in movimento, la scheda rileverà le differenze le quali raffigurano i contorni degli oggetti dinamici contenuti nel fronte di luce. Nella figura seguente è riportato un ‘differenziale’ inviato dalla scheda Visio.

Rappresenta una mano che si tende ad afferrare una pallina.

Si tratta di una vera e propria ‘percezione visiva’ assegnata al sistema artificiale Olocontrollo emulativo.

Per spiegare meglio propongo un paio di esempi relativi alle differenze. Nella mia memoria, in qualche punto, esiste la configurazione dei nei che ho sul braccio (nel mio caso si tratta di molte decine). La configurazione viene modificata con l’aggiunta di una nuova presenza. Osservando nuovamente il braccio avvertirei immediatamente il nuovo neo poiché il mio sistema confronterebbe la nuova configurazione con la precedente facendo emergere solo la differenza. Un istante dopo la vecchia configurazione sarebbe sostituita con quella più recente. Ancora. Entro in un ambiente caratterizzato da un odore particolare. A esempio entro nelle Terme di Tivoli dove c’è un intenso odore di acqua sulfurea. La percezione di quell’odore fa emergere una sensazione sgradevole: il mio sistema biologico ha rilevato una differenza. Dopo alcuni minuti di permanenza non percepisco più differenze fra l’odore, che ormai ho memorizzato, e l’odore attuale. Cessa la sensazione sgradevole… ma io sono ancora all’interno delle Terme! Torniamo ai processi della visione umana. Essi includono il coinvolgimento di organi biologici e di fattori cognitivi. Nel secondo spazio arrivano messaggi opportunamente riconiugati (immagini ricomposte). Anche nei processi della visione in Olocontrollo emulativo avviene che nel terzo spazio arrivano messaggi opportunamente riconiugati. È stato naturale essere condotti ad applicare in seguito le stesse metodologie e gli stessi dispositivi sia a robot sia a esseri umani portatori di deficit sensoriale nella visione. Infatti, il secondo spazio dell’uomo, incommensurabilmente più performante e adattativo rispetto alle semplificazioni adottate nel terzo spazio dei ‘robot autonomatici’, ha permesso a un non vedente di riconoscere oggetti e ricostruire l’ambiente circostante utilizzando lo stesso ‘sensore intelligente’ delle nostre macchine. Nel secondo spaziodi un non vedente si viene a formare un vero e proprio simulacrorappresentativo di un oggetto (una sorta di linea di contorno) lì trasmesso usando un tappetino di aghi vibranti generanti uno stimolo tattile sull’epidermide, nella zona sopra l’ombelico, dove si trova il tappetino.

La descrizione del dispositivo a questo punto è semplice: da una microtelecamera poggiata su una montatura di occhiali, le caratteristiche salienti dell’immagine a due dimensioni vengono trasferite a Visio che le ‘elabora’ e poi le invia al cervello attraverso un tappetino di 400 aghi vibranti che stimolano la pelle del cieco.

Nello stesso modo in cui un segnale luminoso produce uno stimolo nervoso che ‘entra’ nel sistema attraverso il nervo ottico, lo stesso segnale verso ‘visio’ produce uno stimolo nervoso che ‘entra’ nel sistema a livello epidermico; così chi indossa ‘visio’ può ‘vedere’ a distanza usando la sensibilità cutanea e può rilevare ostacoli che entrino nella riconfigurazione dell’ambiente percepito.

È stupefacente, non lo dobbiamo dimenticare, che la scheda Visio non fu progettata per questo scopo, ma è il sottosistema di visione di un robot sviluppato per un utilizzo di tipo industriale e civile. È ancora più stupefacente il fatto che tagliando i fili che collegano il robot alla scheda e ‘collegando’ semplicemente questi fili all’uomo mediante una ‘via di percezione’ funzionante, egli riacquisti la capacità di interagire con l’ambiente distante attraverso i fronti luminosi che esso emette:

il terzo spazio della macchina percepisce attraverso le stesse modalità con le quali percepisce il secondo spazio dell’uomo.

Questo componente è una sorta di supporto alla ‘intelligenza sintetica’ del robot. È costituito da una matassa di circuiti elettronici che si attivano senza il governo di una serie di programmi applicativi. Non è stato pertanto necessario sviluppare software per il suo funzionamento.

Aggiungo un’osservazione interessante. Un ambiente statico non genera differenze nella scheda Visio, ma la telecamera è posizionata sulla testa del cieco e i suoi movimenti generano una dinamicità relativa con l’ambiente. Risulterà, quindi, un differenziale anche per gli elementi statici!

Il lettore del differenziale

Come abbiamo più volte detto, il modello realizzato nasce dall’idea di trasferire in un dispositivo autonomo la capacità di avvertire differenze tra una situazione ideale (desiderio finale) e la situazione reale istantanea che caratterizza il sistema durante tutte le fasi del protocollo produttivo.

Il luogo dove risiede tale capacità prende il nome di terzo spazio o emulatore.

Non è necessario ricostruire nell’emulatore tutti i punti dell’universo bensì solamente quei punti significativi del processo in analisi. In questo emulatore tridimensionale sono riversati, quindi, i punti notevoli della realtà concreta, trasformati e resi coerenti con esso. Ciò è fatto usando una rete esterna di sensori opportunamente scelti. Anche la risoluzione complessiva dell’emulatore è scelta sulla base del tipo di processo e di analisi da effettuare. Al termine della ricostruzione si sarà realizzata una corrispondenza, una vera e propria relazione biunivoca, fra i punti notevoli della realtà e quelli dell’emulatore. Contrariamente a quanto avviene nel primo spazio, nell’emulatore posso far interferire fra loro tutte le possibili configurazioni di punti, sia quelli provenienti dall’esterno che quelli provenienti dall’interno dello stesso emulatore quali, a esempio, i prodotti dell’interferenza fra due precedenti configurazioni. Il lettore del differenziale costituisce uno degli attori principali dell’intero sistema. Questo elemento, di centrale importanza, possiede le seguenti capacità:

  • leggere le caratteristiche dell’ambiente controllato dallo strato dei sensori che hanno trasformato i segnali in quanti; · estrarre la differenza di configurazione della distribuzione dei quanti fra il fronte che transita nella rete interna in quell’istante e un fronte di riferimento (desiderio emulativo) dove risiede l’obiettivo finale; · estrarre la differenza di configurazione della distribuzione dei quanti fra i fronti che transitano nella rete interna in due istanti successivi per avere a disposizione la tendenza istantanea del processo; · generare una serie di segnali analogici di potenza che sono funzione dei ‘differenziali percepiti’; · diffondere tali segnali nella zona interessata dallo strato di moto.

Praticamente, abbiamo appena descritto un processo che implica il trasferimento di fronti d’onda di quanti all’interno di una struttura circolare. L’energia quantica in ingresso viene trasformata dalle reti virtuali e poi ‘riflessa’ verso l’origine. In questo punto del ‘ciclo’, usando il fronte d’onda differenziale, l’ambiente viene trasformato usando la capacità dello ‘strato di moto’ formato da tutti i motori attuativi. Il fronte di senso percepirà la trasformazione e la rifletterà all’interno delle reti virtuali. È come se la struttura fosse dotata di due specchi riflettenti, uno interno e uno esterno, che provocano l’innesco di un processo circolare non ‘controllato’ direttamente né dall’uomo né da una serie di algoritmi.

Il processo circolare causale

Ma è stato il senso di mancanza ad accendere il differenziale oppure esso è stato acceso da un complesso di pensieri? Visto che quanto si sta descrivendo è riprodotto in uno schema nel quale gli elementi del sistema sono disposti secondo un processo di tipo circolare, si può dire che ambedue i casi sono validi:

pur essendo sostanzialmente diversi, la relazione circolare esistente fra loro determina che la causa influenza l’effetto e viceversa.

«Nel suo spazio mentale si andavano ricostruendo le scene di quella commedia e man mano venivano uguagliate a quanto era realmente in avvenimento, ‘istante’ per ‘istante’. Immediati sensi di pericolo si producevano al minimo scostamento tra passo di sceneggiatura e stato dell’attuando.»

(antonio, Giasone 1992)

Flusso emulativo

Immaginiamo di avere il nostro sistema in una condizione di quiete: il differenziale percepito è nullo perché c’è perfetta coincidenza fra il primo e il terzo spazio. Ciò sta a significare che il desiderio dell’emulatore è risolto poiché la realtà è coincidente a esso.

Modifico il primo spazio. La rete di sensori rileva la modificazione e la trasforma in una nuova e diversa configurazione nel terzo spazio.

L’interferenza fra il ‘desiderio di quiete’ e tale configurazione assume una configurazione non nulla. Gli elementi dinamici agiranno con la tendenza di riportare in equilibrio il sistema e si fermeranno solo dopo averlo raggiunto.

Ora, invece, io modifico il desiderio originario inserendone uno diverso. L’effetto nel sistema sarà simile al precedente: la generazione di una configurazione interferente non nulla. Anche questa volta gli elementi dinamici agiranno con la tendenza di riportare in equilibrio il sistema e si fermeranno solo dopo averlo raggiunto.

La capacità sensoriale e quella dinamica del sistema sono in tal modo un vero e proprio legante fra i due spazi.

Essi non possono più restare in configurazioni diverse.

Essi sono ‘costretti’ a inseguirsi l’un l’altro, nel momento stesso in cui una delle due capacità si modifica, nel continuo tentativo di eguagliarsi.

Ciò sta a significare che l’emulatore (terzo spazio) può essere utilizzato sia per ‘comandare’ l’esecuzione di azioni nel mondo reale (primo spazio) che per avere, di volta in volta, una chiara rappresentazione di esso.

Flusso emulativo parallelo. Dinamica del movimento

Nel caso il desiderio fosse espresso da una sequenza di configurazioni diverse (un filmato), la corrispondenza biunivoca tra emulatore e mondo reale garantirebbe l’esatta sovrapposizione della dinamica del movimento effettivo con quella desiderata. A esempio, memorizziamo nel terzo spazio una sequenza di configurazioni costruita sull’osservazione dell’andamento del movimento di un individuo sano. Rileviamo, poi, in tempo reale, la stessa sequenza oggettiva di un individuo con problemi di deambulazione. Assegniamo all’emulatore la destrezza di segnalare gli scostamenti notevoli. A questo punto, un terapeuta, o anche lo stesso paziente, individuerebbero immediatamente le anomalie dell’andamento e potrebbero provare a suggerire, in tempo reale, le correzioni opportune.

«e di crear differenziale fa l’emozione e il movimento innesca e alimenta»

«e nacque il premio che di differenziale tra quanto dentro e quanto fuori»

(antonio)

Neuroni e polarità nel ‘groviglio’

Vediamo di spiegare meglio questo concetto. Da uno o più sensori umani (vista, tatto, udito, gusto, olfatto) si genera una ‘esplosione di energia’ dalla quale deriva il trasferimento nel sistema nervoso di una quantità di energia biochimica attraverso i neuroni.

Questi mezzi di trasporto (neuroni) sono intrecciati fra loro in un groviglio. Avviene che in certe zone della matassa si concentrino più quantità di energia rispetto ad altre zone generando ‘poli’ di energia i quali producono polarità (differenze di potenziale).

Per una legge naturale, tali polarità tendono ad azzerarsi (la materia, infatti, deve necessariamente avere campi elettrici macroscopici nulli); le quantità di energia, cioè, si sposteranno ancora, ridistribuendosi attraverso i percorsi più favorevoli.

Biunivocità fra ‘maglia di percorsi’ ed ‘eventi’

Si è così formata casualmente una ‘maglia di percorsi’ che si trova in una relazione biunivoca con l’evento che l’ha creata.

Immaginiamo che l’evento sia simboleggiato da una palla che attraversa il campo visivo. Ogni volta che la corrispondente maglia di percorsi si riattiverà significherà che in quel momento una palla sta attraversando il campo visivo. Se l’evento fosse rappresentato da una fase di gioco con una palla, ogni volta che la corrispondente maglia di percorsi si riattiverà il soggetto sentirà il bisogno interno (mondo virtuale) di giocare con una palla. Egli la cercherà all’esterno (mondo reale) e si sposterà per trovarne una fino a che il bisogno cessi.

Come si può ben immaginare, da una lastra informe e apparentemente disorganizzata è possibile estrarre le informazioni cercate in maniera molto più ‘semplice e rapida’ piuttosto che utilizzando i metodi convenzionali (CPU, RAM, algoritmi, basi di dati, ecc.) delle più avanzate ‘nuove tecnologie informatiche’. Nel nostro caso, a esempio, è sufficiente realizzare una struttura elettronica capace di memorizzare innumerevoli ‘fronti di segnali’, senza avere la necessità di memorizzare anche l’ordine di archiviazione, e poi recuperarli con un opportuno filtro ordinato.

La ‘memoria dei tragitti’ o ‘insegnamento’

Questa ‘memoria dei tragitti’ raffigura un vero e proprio ‘insegnamento’. È come se un gruppo di persone si trovasse in un corridoio con numerose possibilità di uscita e ognuna di esse scegliesse il proprio percorso e lasciasse lungo il tragitto un ‘segno’ del proprio passaggio.

Al passaggio successivo ognuno sarà in grado di riconoscere il proprio percorso e lo seguirà nuovamente, o ne sceglierà uno nuovo, senza alcuna possibilità di errore. La scelta dipenderà dal precedente potenziale di uscita di ognuno di essi:

– potenziale aumentato (derivata positiva): bisogna fare un altro percorso sulla base della stessa tendenza (obiettivo che si sta avvicinando);

– potenziale diminuito (derivata negativa): bisogna fare un altro percorso sulla base di una tendenza inversa alla precedente (obiettivo che si sta allontanando);

– potenziale invariato (derivata nulla): bisogna fare lo stesso percorso (obiettivo raggiunto).

La destrezza

Quanto più è frequente la ripetizione dello stesso evento (obiettivo raggiunto), tanto più è probabile che ogni persona del gruppo riesca a fare lo stesso percorso. Ciò rappresenta un vero e proprio ‘aumento della destrezza’ del soggetto.

Qual è il vantaggio? Quello di non aver bisogno di una ‘classificazione esatta’ per il riconoscimento di un evento ma, avendo associato in un’unica classe eventi simili tra loro, la quantità di informazioni da immagazzinare per il ‘riconoscimento’ è enormemente più piccola. Anzi, diciamo che la classificazione ‘esatta’ sarebbe impossibile anche per l’uomo.

La modularità

Come nell’uomo, anche in Olocontrollo emulativo il ‘sistema intelligente’ è modulare. Con adeguati ‘insegnamenti’, tali da far aumentare la ‘destrezza’ del modulo centrale, e con il collegamento di adeguate protesi ai terminali, è possibile integrare nel sistema funzionalità diverse.

Funzionamento per ‘privazioni’

Da quanto è stato detto, si può capire come questa intelligenza funzioni sulla base di ‘privazioni’. Facciamo un esempio. Immaginiamo di osservare un bambino che ha già associato nel suo groviglio il concetto che un poppatoio può placare il suo desiderio di mangiare. Immaginiamo che egli abbia fame e che abbia un poppatoio nel suo campo visivo. Il bambino cercherà di raggiungerlo e di prenderlo per placare il suo isterismo. Egli muoverà un braccio in una direzione a caso (non ha ancora imparato a governare gli arti). Quando il livello di isterismo aumenterà egli cambierà direzione. Quando il livello di isterismo diminuirà, invece, egli proseguirà fino a raggiungere il poppatoio. Quando, evento poco probabile, riuscirà a portare la tettina nella bocca senza far cadere in terra il poppatotio, avrà raggiunto l’obiettivo calmando, infine, la sua ‘isteria’. La serie di movimenti necessari a raggiungere l’obiettivo ha una corrispondenza biunivoca con gli spostamenti di energia chimica nel groviglio cerebrale e tutto ciò costituisce il modello di riferimento che verrà riutilizzato ogni volta che il bimbo riavvertirà lo stesso livello di isterismo, cioè lo stesso bisogno.

Riconoscimento degli oggetti e azioni

In un processo mentale la prima operazione che viene eseguita è il riconoscimento degli oggetti che si trovano nel campo visivo, poi interviene il tentativo di realizzare l’obiettivo prefissato eseguendo azioni basate sul concetto di ‘tropismi’ o tendenze.

Facciamo un altro esempio. Associamo una forma ‘X’ a una vite e una forma ‘Y’ a un dado e diamo alle due forme la stessa complementarità che hanno vite e dado. Creiamo un modello biunivoco che possa ricostruire l’associazione astratta di coniugazione fra vite e dado dal punto di vista virtuale. Il modello sia contenuto in una struttura hardware. Sia definito che, se ci fossero due oggetti incoerenti fra loro, emergerebbe la tendenza a far diventare coerenti questi oggetti in una terza figura.

A questo punto, quando la macchina riconoscerà che all’esterno la vite e il dado sono separati e invece ha in sé l’idea che la vite debba essere messa dentro al dado, nascerà la tendenza, inizialmente casuale e poi via via più determinata (autodeterminazione) che è necessario rimetterli insieme. Laddove nasce la discrepanza fra il progetto e la realtà (vite e dado insieme, vite e dado separati) nascerà anche una polarizzazione fra le due figure proporzionale alla discrepanza. Se si ‘estraesse’ questa polarizzazione e la si mandasse a un sistema che fosse in grado di eseguire un movimento ordinato (le braccia di un robot), questo sistema inizierebbe a muoversi in relazione alla quantità di discrepanza. Se in qualche modo, inoltre, facessimo entrare queste braccia nel sistema complessivo, esse stesse prenderebbero la tendenza a far riavvicinare il dado alla vite, rendendo il movimento ordinato.

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