La parola realtà deriva dalla parola latina res (cosa). Ciò sta ad indicare che la realtà è fatta di cose (oggetti). Ma la parola latina res deriva dal verbo latino reri (pensare).
La capacità espressiva che è implicita nelle parole ci suggerisce, quindi, questa interpretazione: per un uomo non esiste alcun oggetto reale (res) esterno a meno che esso non sia riscontrato da una rappresentazione residente all’interno del suo pensiero (reri) costruito con la percezione del mondo reale. Ogni parte di mondo reale è nota a un individuo solo quando sia ben fissata nella sua memoria. La realtà e il pensiero si inseguono e si confondono in un ciclo continuo. Ma che cosa è la realtà? È tutto ciò che ci circonda, è l’intero complesso delle cose materiali e anche delle cose che hanno uno stretto legame con esse (realtà materiale, naturale, spirituale, intellegibile, sensibile, logica, ecc.). La realtà esiste indipendentemente dalla conoscenza che noi abbiamo di essa.
Come affermava Platone, il mondo che percepiamo attraverso i sensi è una specie di realtà apparente, è una realtà imperfetta e transitoria, è una rappresentazione virtuale più o meno simile, ma diversa dall’originale. Anche gli altri uomini, dentro di loro, ricostruiscono rappresentazioni virtuali della stessa realtà, ma tutte diverse tra loro e anche dalla nostra. Questa realtà apparente, sempre secondo Platone:
«ci rinvia alla realtà vera, perfetta ed eterna»
Ovverosia ‘ci richiama’ gli archetipi, cioè i campioni, che noi abbiamo fissato nel supporto della memoria.
E Pirandello, a riguardo, ha scritto in Sei personaggi in cerca d’autore:
«Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!»
Mentre Gregory Bateson, nel libro Verso una ecologia della mente, scrisse:
«Per cominciare, vorrei fare con voi un piccolo esperimento. Alzi la mano chi crede di vedermi. Vedo molte mani alzate. Ne deduco che la pazzia ama stare in compagnia. Voi non vedete me: quello che vedete è un mucchio di informazioni su di me, che sintetizzate in una immagine visiva di me. Siete voi a costruire quella immagine.»
Il pensiero, quindi, è la ricostruzione interiore di un aspetto della realtà (conoscenza), ma anche il ‘mezzo’ con il quale si cerca di conoscere il mondo e – forse questa è la funzione più importante – lo strumento usato per esperire prove di vita estemporanea, prima di produrle nell’esistenza reale, in una sequenza di ‘quadri’ che compongono una ‘scia’ verso un obiettivo desiderato.
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