Antonio e i laboratori
(di Armando Guidoni) – Per il laboratorio occorre usare una nuova cultura ermeneutica, occorre mettere al nostro fianco, a sostegno, tutta la propria cultura esistente, quasi un modo di “rifarsi ignorante”, di ritornare alla semplicità delle cose, di fare entrare le cose come naturalmente entrano attraverso gli occhi di un bambino… occorre “rifarsi bambino”. Solo in questa disposizione mentale è possibile “assorbire” i nuovi concetti espressi nel laboratorio. L’obiettivo è la realizzazione dell’intelligenza sintetica ma, in effetti, Antonio è costantemente rivolto alla ricerca dell’uomo dentro l’uomo e, per raggiungere tale obiettivo, dimostra continuamente di non mancare mai di coraggio. Egli mette incessantemente in discussione se stesso e le proprie emozioni per trarre elementi necessari a proiettare in avanti il suo progetto di vita con audacia e con tenacia, con spregiudicatezza, con originalità non confrontabile, a mio avviso, in nessun altro laboratorio. Antonio è un carro armato che travolge qualsiasi ostacolo. Non accetta mai il gioco delle istituzioni e dell’autorità e contrappone ad esso quello dell’autorevolezza. Antonio non s’allinea mai alla conoscenza corrente, ma la usa per fare emergere, da dentro, le proprie elaborazioni e poi la usa per costruire, materialmente, oggetti concreti a sostegno di esse. E gli oggetti emergenti sono innovativi, rivoluzionari, dirompenti e proprio per questo difficilmente comprensibili agli altri, perché ancora non concepiti. Gli interlocutori ed i collaboratori di Antonio sono “i semplici”, sono coloro che spontaneamente, e comunque, riescono sempre a mettere in discussione dentro di loro le proprie “certezze” e non le mettono mai in contrapposizione con i concetti ricostruiti delle innumerevoli “perturbazioni” che provengono dall’ambiente (e quindi anche dagli altri uomini). I “sapienti paludati” non riescono – quasi mai – a collaborare con lui. Aggrediscono e vengono aggrediti e – quasi sempre – lasciano il gruppo. L’aggressività di Antonio non è certamente complesso di inferiorità, non è certamente sintomo di debolezza, bensì è un modo per far rispettare la dignità delle proprie idee, quelle nelle quali egli crede fermamente, usando gli strumenti usuali delle logomachie, entrando in una specie di “campo di battaglia” e servendosi anche di “metodi di perforazione” dirompenti. Ma ciò avviene solo in questo contesto. Nella normalità quotidiana Antonio esprime fortemente sentimenti di umanità e dimostra continuamente il rispetto verso gli uomini nella spontaneità e nella semplicità del suo essere uomo. Nei momenti di lotta contrappone sempre la forza delle idee proprie rispetto alle idee “riportate” di altri. Non ama le citazioni dei dotti usate come sostegno, bensì le usa implicitamente nella costruzione delle idee a sostegno della ricerca. La modalità comunicativa è sempre un elemento fondamentale dell’analisi di Antonio. Un dialogo è convincente ed utile solo se si riesce a creare fra i dialogatori una disposizione ideale ad ascoltarsi e a sentire le cose ascoltate con la stessa frequenza di colui che le esprime, quasi a creare una sorta di “risonanza”.
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