Notizie in… Controluce – giugno 1996 – quarta parte
Progetto Giasone
Come riuscire a riprodurre, in una macchina, l’intelligenza dell’uomo
di Armando Guidoni
In tre dei numeri recentemente pubblicati da “Notizie in… Controluce” abbiamo analizzato la teoria usata dal “Gruppo di Frascati” coordinato da Antonio Botticelli (ENEA) e da Gianfranco Turchetti (Oberon) per la realizzazione di macchine con “Intelligenza sintetica applicata“. Questo progetto si chiama Giasone e di “lui” abbiamo più volte parlato con Antonio Botticelli. Ricordiamo ciò che disse Antonio nel corso del primo colloquio: L’idea generale é molto banale! Dall’osservazione e analisi dell’intelligenza animale si cerca di riprodurre in modo artificiale ogni funzione elementare. Integrando insieme tutte le funzioni elementari si sarà allora riprodotta, in una macchina, l’intelligenza dell’uomo.
Nel numero precedente riportammo una figura dove erano rappresentati il “groviglio” e la “saponetta sensibile” e descrivemmo l’analogia fra quella struttura ed il cervello umano. Ora cominciamo ad analizzare il contenuto della sfera che era posta al centro del “cervello”.
Componenti progettuali.
Nel corso dell’analisi si andranno a delineare le interazioni fra le diverse componenti progettuali di Giasone: una evolutiva di ideazione e progetto, una parallela di lettura della funzione animale ed una applicativa (processo tecnico di realizzazione delle macchine). Una sorta di “libretto di istruzioni” è rappresentato dall’uomo. In altre parole, dal comportamento umano riceviamo continuamente notizie utili ai fini del progetto, ecco perché nel Gruppo di Frascati operano anche alcuni psicologi.
Oggetti e immagini.
Mettiamo una tavola apparecchiata in una stanza, la riprendiamo con una telecamera e ne trasmettiamo il segnale su un televisore posto in un’altra stanza. Ciò che osserviamo non è una tavola apparecchiata, ma la sua immagine. Questa immagine è ciò che “entra” nella nostra mente.
La “conoscenza”.
Immaginiamo ora di associare la nostra memoria ad uno spazio che noi conosciamo perfettamente. Tale spazio è “colmo della nostra conoscenza”. L’immagine della tavola entra in questo spazio attraverso i nostri sensori e va ad occupare volume là dove esiste una corrispondenza esatta con la memoria che noi abbiamo della tavola; ci sarebbe così la “sostituzione” del luogo dei punti di quella parte della memoria con la nuova immagine, ma ciò non provocherebbe alcuna eccitazione nel sistema.
Il “vuoto di conoscenza”.
Viceversa, se nello spazio della nostra memoria non dovesse esistere nulla di simile all’immagine, questa andrebbe ad “occupare” una parte del suo volume. L’oggetto che è entrato nella nostra mente avrebbe creato un “vuoto di conoscenza” in corrispondenza del volume occupato, quasi fosse un “buco” nella nostra mente. Ciò provocherebbe eccitazione nel sistema.
Questo fenomeno avviene, ad esempio, durante l’osservazione di un “diverso” o di una cultura “diversa” dalla nostra. Ciò provoca un senso di vuoto o di paura. L’universo immaginato nella nostra mente è pieno di noi stessi. Se provassimo a togliere noi stessi da quest’universo genereremmo un buco enorme nella nostra mente.
Composizione di oggetti.
Torniamo alla tavola apparecchiata. Questo oggetto è la composizione di numerosi oggetti diversi. Se noi avessimo conoscenza di ognuno di essi, allora anche l’oggetto complessivo sarebbe un oggetto noto.
L’insieme delle differenze.
Poniamo che nella mia mente esista il modello di una vite (un cilindro filettato). Poniamo che entri un altro oggetto avente le stesse dimensioni della vite ma la sua superficie sia liscia (un cilindro). L’oggetto in sé già esiste nella mia mente, ciò che non esiste è l’insieme delle differenze fra i due, e sarà proprio questo insieme che io cercherò di eliminare con gli strumenti di cui dispongo. Questa azione verrà effettuata, però, solo dopo che avrò preso conoscenza di tutti gli elementi che ne fanno parte e li avrò ricomposti, non ci sarà una “pulsione frenetica” tesa all’eliminazione delle differenze.
Il “Groviglio”.
La prima delle sei figure rappresenta il Groviglio, con tutti i suoi componenti, all’attuale stato di avanzamento. I quattro ciuffi superiori rappresentano, in analogia con il cervello umano, la corteccia cerebrale.
Le strutture elettroniche che costituiscono il “groviglio” viste in analogia con il cervello umano.
I due ciuffi in basso rappresentano la parte “sensoriale” (a sinistra) e quella “attuativa” (a destra). I due ciuffi centrali rappresentano la parte della “sensibilizzazione affettiva”.
La parte “sensoriale”.
Dal ciuffo di sinistra i sensori inviano i segnali verso il ciuffo della corteccia. I ciuffi si comportano come se fossero specchi che riflettono i segnali. L’immagine della sfera entra, si riflette sulla corteccia e, passando in un “fascio di fili”, inizia ad oscillare da un ciuffo all’altro con continuità fino a che non si verifica un evento che fa “scaricare” il potenziale dei segnali annullando l’oscillazione.
La parte “attuativa”.
Il ciuffo in basso a destra comanda i “muscoli” (le movimentazioni) ed è collegato al ciuffo della corteccia per mezzo di un secondo “fascio di fili” che corre adiacente al primo fascio, molto vicino, tanto che per induzione uno passa cariche all’altro e viceversa. Allora anche fra i ciuffi attuativi si attiva una oscillazione di segnali che trovano una via di uscita in basso scaricandosi sugli “attuatiri muscolari” e sollecitandoli a muoversi. Dal loro movimento verrà provocato lo spostamento della sfera e ciò provocherà la modificazione dei segnali in ingresso alla parte sensoriale.
L”anello di movimento”.
Si attiva così un “anello di movimento” che vede coinvolte la sfera e le due strutture descritte. La prima struttura carica i circuiti sulla base della modificazione della posizione dell’oggetto, mentre la seconda scarica i circuiti attraverso l’azione; l’azione produce altre cariche… e così via. L’anello di movimento si fermerà quando la prima struttura cesserà di caricare i circuiti.
Quanto descritto è assimilabile ad una macchina che, senza una logica precisa, “genera movimento”, un po’ come quelle macchine costruite negli anni ’60 dagli artisti della “Pop Art”.
La memoria.
La terza e quarta struttura sono collegate a tutte le altre e risentono anch’esse, per induzione, dei fenomeni prodotti dalle prime due. Esse “si accorgono” sempre di quanto sta avvenendo nel sistema. La terza, però, è più sensibile a ciò che avviene nella struttura sensitiva mentre la quarta a quella del movimento; sono, perciò, strutture “specializzate”. Esse “detengono la memoria” poiché “vivono” la sequenza con la quale avvengono i fatti.
Ricapitolando, abbiamo due gruppi di strutture, uno che detiene i processi che aumentano la “destrezza” sensoriale ed attuativa, l’altro che detiene il processo della “memorizzazione” delle sequenze dei processi (esperienza). Anche in questo secondo gruppo i segnali oscillano in una risonanza fino a che avvengono corti circuiti (riconoscimenti) nelle strutture. Ciò sta a rappresentare anche la memoria di quanto è avvenuto, in quanto ad eventi diversi corrispondono corti circuiti diversi.
La “coscienza”.
Abbiamo descritto finora processi che si modificano sulla base di automatismi. Ora inseriamo una quinta struttura che riceve anch’essa induzione da tutte le altre e che è in grado di provocare induzione di ritorno.
Quando la struttura attuativa fa muovere la sfera, la quinta struttura “sente” il movimento, in maniera simile a come noi, toccando e spostando una palla, ci accorgiamo di quanto abbiamo fatto. Questa struttura chiamata “Narciso” sarà, tra l’altro, l’argomento che verrà trattato nel prossimo numero di questo giornale.
Armando Guidoni
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