Notizie in… Controluce – dicembre 1996 – ottava parte
Progetto Giasone
Come riuscire a riprodurre, in una macchina, l’intelligenza dell’uomo
L’intelligenza sintetica
Nel tentativo di produrre una “macchina servizievole” capace di partecipare alla realizzazione dei suoi desideri, l’uomo ha continuamente tentato, nel tempo, di emularsi
Il sogno.
C’è sempre stata nell’uomo l’aspirazione di disporre di un “genio” (La lampada di Aladino) o di una “macchina” (Il pianeta proibito) capace di “realizzare i suoi sogni. Il desiderio di avere qualcosa che fosse in grado di tradurre in realtà quello che già esiste “virtualmente” nella sua immaginazione: “… Situazioni di sogno che divengono desideri quando il contesto ci colloca diversamente. E’ qui che compare spontaneo il senso dell’anello mancante (giasone 002)”. Il sogno è stato concepito da tempo. Manca il meccanismo necessario per farlo dischiudere. Da sempre, infatti, l’umanità si sta chiedendo se sarà mai possibile, in un futuro, costruire una macchina che, “lavorando” in maniera autonoma, possa rispondere al sogno. Questo progetto ambizioso dovrà necessariamente avere come obiettivo quello di riprodurre in una macchina la funzionalità del cervello animale! Ma come si può fare?
La realizzabilità del sogno.
Cosa avviene nella mente di un uomo quando, attraverso i sensi, il “fronte energetico” di un suono, di una immagine o di un qualsiasi fenomeno “entra” nella sua mente e viene percepito? La biologia del suo cervello crea un “virtuale” dei fenomeno. In altre parole, la mente ricostruisce la sorgente esterna all’interno del suo spazio “ideativo”. Nella sequenza immediatamente successiva, un nuovo fronte relativo alla realtà entra, viene percepito e idealizzato (o virtualizzato). Dal confronto fra questa nuova ricostruzione della sorgente esterna e la precedente, emergono le differenze.
Facciamo un esempio. Osserviamo un’automobile in movimento. La successione dei fronti che entra nella nostra mente evidenzia un’automobile che, essendo in movimento, non si trova mai nello stesso posto; inoltre, lo scenario (il paesaggio) che la contorna è sempre diverso. Le differenze percepite fra la sequenza di virtualizzazioni rappresenta un vero e proprio “filmato” che consente di cogliere la dinamicità della scena.
Facciamo un secondo esempio. Osserviamo un pupazzo di pelouche poggiato su un tavolino. Questa volta, nella nostra mente entra una successione di fronti tutti uguali, data la staticità della scena, ma le loro ricostruzioni virtuali sono ognuna diversa dall’altra; ognuna di esse contiene particolari diversi via via emersi dal contesto generale; ognuna di esse andrà quindi ad arricchire la ricostruzione precedente che, alla fine dell’osservazione, vedrà rafforzata la “presenza” dei singoli particolari. Sarà rafforzata anche la “capacità di ricordo” che di essa avremo. Questa specie di “maglia” di ricordi relativi all’evento diventerebbe così sempre più fitta e sempre più consistente.
Facciamo un esempio più complesso. Se, in un dato momento, qualcuno ci dovesse dimostrare che “il pomodoro è un alimento velenoso”, la biologia del nostro cervello andrebbe a “riconfigurare” tutte le presenze relative al tema, sia quelle statiche (sapori, odori, ricette, menu, ecc.) sia quelle dinamiche (cucinare, mangiare, coltivare, ecc.). Questo indica che “il mondo dei ricordi è simile a quello che era vivo un momento prima o anche dieci anni prima, ma è solamente molto più ricco di particolari”. In altre parole, si può affermare che “tutto ciò che è rappresentato dalle moderne tendenze o desideri dell’uomo aveva valore anche in precedenza; tutto ciò che oggi è stato realizzato altro non è che l’evoluzione naturale di desideri espressi dall’uomo in momenti (anche anni) precedenti e poi continuamente rievocati dalla sua memoria, luogo dove si vanno a fissare i ricordi”. Possiamo, d’altronde, negare che le “vaporiere ed i motori elettrocondotti (giasone 002)” siano stati realizzati molti secoli dopo che l’uomo aveva iniziato a desiderarli? Possiamo, altresì, negare che da quando l’uomo ha inventato “la macchina” abbia contemporaneamente desiderato di detenerne il suo “completo controllo” e di farla funzionare con la sola “forza del pensiero”? Perché allora non credere alla realizzabilità anche di quest’ultimo sogno? Ogni volta che l’uomo ha espresso un “desiderio” ha poi avuto l’opportunità di “vederlo realizzato! In effetti, nel settore tecnologico delle macchine per produzione industriale, gli sforzi messi in campo hanno determinato la costruzione di sistemi di controllo sempre più sofisticati. Anche il “gruppo di frascati” ha percorso, contemporaneamente ad altri, la strada evolutiva connessa con questo tema e ne ha accresciuto la “cultura relativa”. Bisogna però tenere sempre presente che esso è partito dal punto in cui altri erano già giunti ed avendo come obiettivo quello che anche altri avevano già intuito. In sostanza, ogni cosa che viene fatta rappresenta solamente il passo evolutivo successivo del lavoro fatto in precedenza (nostro o di altri).
L’uomo.
Ripensando all’uomo, esso utilizza la propria mente immaginando in essa il mondo delle cose percepite, creandone un astratto verosimile, o virtuale, e vivendo in essa. Contemporaneamente, tende a condurre gli scenari percepiti ed immaginati verso configurazioni più vicine ai propri sogni. In ciò nasce il desiderio di trasformazione, ovvero il potenziale. L’itinerario della trasformazione è il “progetto” di ciò che necessita per la realizzazione di quei sogni. Il potenziale diviene, quindi, azione nella manipolazione dell’ambiente dalla configurazione di partenza alla configurazione attesa. A mano a mano che avviene tale processo, la sua attenzione raccoglie e ricostruisce le figure transitive, anche esse confrontate con il sogno, per proseguire ad aggiornare o continuare il progetto verso l’obiettivo finale. Piango l’allontanarmi dalla direzione del sogno, gioisco nell’osservarne il suo avvicinamento.
La macchina.
Nel tentativo di produrre una “macchina servizievole”, capace di partecipare alla realizzazione dei suoi desideri, l’uomo ha continuamente tentato, nel tempo, di emularsi. Ha emulato i propri sensi, costruendo dispositivi (sensori, sonde, visori, ecc.); ha virtualizzato la funzionalità di manufatti complicatissimi in quadri sinottici che ne riportavano una visione di insieme (si pensi alle “console” degli impianti nucleari di potenza); ha realizzato macchine di elaborazione con le quali emulare la propria capacità di calcolo; ha emulato le proprie braccia, gambe e muscoli costruendo motori, movimentazioni sofisticate, utensili. Ma in che modo egli ha previsto di utilizzare queste capacità emulative? Mettendo sempre sé stesso a supervisionare ogni operazione e a decidere la loro sequenzialità, in base ai dati di campo che via via gli emulatori gli forniscono, in visioni di insieme. I diversi “moduli funzionali” della struttura logica complessiva vedono sempre “lui”, l’uomo, come “interfaccia” di primo livello e non sono in grado di trasmettersi fra loro nessun tipo di informazione in maniera autonoma.
Facciamo un esempio semplice, parliamo di una macchina fresatrice. Quali sono gli elementi salienti che la costituiscono? Abbiamo un oggetto da “scolpire” (il pezzo) e uno strumento di lavoro (l’utensile). Abbiamo, inoltre, un quadro di controllo (console) che mi fornisce la posizione raggiunta dall’asse dell’utensile e un pannello operativo completo di pulsanti con i quali “far muovere” l’utensile rispetto al pezzo. L’uomo pensa la sequenza dei singoli progetti di lavorazione e poi spinge i pulsanti controllando l’effetto della lavorazione in corso, sia attraverso il quadro di controllo che dall’osservazione diretta di tutto lo scenario. La sequenzialità dei singoli progetti, che via via verranno realizzati dalla macchina per produrre un pezzo, risiede nello “spazio emulativo dell’uomo”. Ciò significa che se dallo schema dovessimo togliere l’uomo, la macchina cesserebbe immediatamente di funzionare, sarebbe una macchina “morta”, inutile.
La macchina emulativa.
La nuova linea evolutiva perseguita dal “gruppo di frascati” ha prodotto una nuova macchina il cui schema logico di funzionamento porta al riversamento nella macchina di una parte dell’intelligenza dell’uomo.
Questa parte della macchina (emulatore) “percepisce” direttamente le informazioni che provengono dai diversi sensori immersi nel campo; ed è ancora l’emulatore che si incarica di “pensare” e predisporre la sequenza dei progetti necessari per raggiungere l’obiettivo; ed è sempre l’emulatore che “dirige” i movimenti della parte attuativa della macchina, controllando poi l’effetto della trasformazione dello scenario attraverso la percezione del campo, chiudendo così l’anello dinamico funzionale.
L’uomo esprime solo un desiderio (progetto finale) e lo passa all’emulatore. “Lui”, l’emulatore, si incarica, in maniera autonoma, di portare avanti il lavoro.
Se togliessimo l’uomo e lo sostituissimo con uno schedulatore automatico, la macchina continuerebbe a funzionare ugualmente!
Schema logico-funzionale della macchina.
Da quanto detto si può immaginare come lo schema logico-funzionale di questa macchina sia rappresentabile con tre “ambienti” distinti fra loro: un primo ambiente che rappresenta il “mondo reale”, un secondo ambiente che rappresenta il “mondo virtuale” ed, infine, un terzo ambiente che rappresenta una sorta di “parete elettronica” che racchiude in sé le capacità di “trasduzione” delle informazioni fra il mondo reale e quello virtuale in modo da poter creare una “corrispondenza” fra questi due mondi, tale che “ad ogni azione fatta in uno dei mondi due corrisponde la stessa azione nell’altro, e viceversa.
La “parete elettronica” ha il compito di “tradurre in realtà” i “desideri” dell’emulatore e di fare “rientrare” in lui il quadro contenente gli “effetti prodotti” dalle azioni desiderate.
Il “gruppo di frascati”, con il “progetto giasone” sta aggiungendo continuamente tasselli evolutivi a questo tema. Attraverso la lettura dell’intelligenza animale si cerca di costruire “supporti elettronici” che ne possano riprodurre la funzionalità per alcuni aspetti elementari (intelligenza sintetica).
In questo momento, la nostra “intelligenza sintetica” ha una struttura logica organizzata a strati. Gli strati rappresentano una sorta di “pacchetto” di “passaggi di trasformazione” che connettono il mondo reale con quello virtuale. A partire dal lato del mondo reale, a mano a mano che ci si avvicina al lato del mondo virtuale gli strati diventano sempre più complessi nella loro struttura.
Il meccanismo ora è chiaro. E’ stata realizzata una corrispondenza anche dinamica fra il mondo reale ed il mondo virtuale.
Immaginiamo ora di creare gli strumenti più adatti per manipolare gli oggetti virtuali. Tali strumenti saranno molto simili a quelli che usiamo sempre più spesso con i videogiochi. Immaginiamo, infine, di usare questi strumenti e di modificare lo scenario (come se fosse un videogioco), per cui, modificando il mondo virtuale, provoco la stessa modificazione nel mondo reale.
Possiamo allargare ulteriormente la nostra immaginazione e ci risulterà ancora semplice controllare una intera fabbrica con un emulatore che sia dotato delle destrezze necessarie per distribuire i lavori e di controllarne la corretta esecuzione ed il giusto flusso operativo.
Armando Guidoni
Copyright © 2015 Controluce - link a Notizie in... Controluce - link al sito dell'ENEA |
|